corridoio-codici

Sono qui esposti ventuno codici miniati di Monte Oliveto Maggiore, abbazia che faceva parte della diocesi di Pienza, retta, insieme a quella di Chiusi, da Mons. Giuseppe Pannilini. Il prelato, entrato in possesso dei preziosi volumi a seguito delle soppressioni napoleoniche, li donò alla Cattedrale di San Secondiano nel 1810.

I corali furono rubati alla fine del 1987, ma fortunatamente recuperati un mese dopo e qui ricollocati il 25 giugno 1988. I libri di coro furono commissionati nel 1456 da Francesco della Ringhiera, abate generale dell’Ordine olivetano al fine di dotare l’archicenobio di un ciclo corale completo, composto da tredici antifonari, un salterio, quattro graduali e un graduale-kiriale. La copiatura dei volumi, contraddistinti dalle lettere dell’alfabeto, si deve al monaco olivetano Alessandro da Sesto Milanese e alla sua bottega. Alessandro fu celebre calligrafo, ma anche miniatore di penna, cioè autore dei capilettera filigranati decorati con inchiostro rosso o azzurro, sul cui corpo un disegno risparmiato lascia intravedere la pergamena. Altri capilettera si devono a Fra Bartolomeo da Ferrara e a un altro confratello, Ambrogio da Milano. Scriptor e filigranatore attivo nei corali fu anche Bartolomeo di Boniforte da Vimercate. Alla realizzazione delle miniature di pennello, che si protrasse fino al 1490, furono chiamati alcuni degli artisti più famosi dell’epoca: il senese Sano di Pietro, che lavorò nell’archicenobio tra il 1459 e il 1463 e il fiorentino Bartolomeo d’Antonio Varnucci, la cui presenza non è documentata ma solo ipotizzata su base stilistica. L’intervento numericamente più cospicuo si deve a Venturino Mercati, miniatore di formazione lombarda ancora imbevuto di stilemi desunti dalla tradizione fiammingo-borgognona e ferrarese. Gli altri maestri che hanno operato nei corali di Monteoliveto sono meno legati alla cultura tardogotica e appaiono proiettati nel mondo rinascimentale: Liberale da Verona (al quale si devono sette minii e numerose iniziali foliate) vi lavorò intorno al 1466, Gerolamo da Cremona ha realizzato un solo minio nel 1472, mentre si suppone che la partecipazione di Francesco di Giorgio Martini sia limitata alla bottega.